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Varcare il concreto sognando il deserto — Discoforticut presenta il seducente ‘Femmes’ (Include intervista)

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Quando si tratta di rilasciare editoriali per artisti talentuosi, lo facciamo sempre con un immenso piacere. Se, poi, alla bravura si aggiunge anche l’umiltà, allora vuol dire che abbiamo fatto proprio centro.

Con questa premessa apriamo il sipario per i Discoforticut, un duo musicale composto dal produttore di musica elettronica “Discoforgia” (conosciuto come Fili Tha) e “Ut!“, polistrumentista e videomaker (alias Francesco Moroni Spidalieri). Entrambi questi ragazzi nutrono, nei confronti della musica elettronica, una passione talmente pura che sembra essere prodotta con il cuore invece che con macchine e sintetizzatori.

La loro musica nasce così, con estrema naturalezza in una primavera torinese del 2013. Il loro obiettivo è produrre qualcosa di complesso che sappia unire il mondo elettronico con la cultura etnica. Il risultato sarà un matrimonio multiculturale dove le chitarre acustiche sanno abbracciarsi con drum-machines e synth analogici, dove gli anni ’80 rispolvereranno le loro saggezze e i campionamenti più bizzarri diventano veri e propri compagni di avventura. E’ grazie a questi ingredienti se, oggi, il loro album è pronto per uscire allo scoperto.

“Femmes” (con pronuncia francese) è la catena simbolica di tutti gli aspetti positivi che si celano nella nostra esistenza. Racconta dell’amore, parla delle donne, narra di scenari, ci trasporta nel deserto…

“Thaquim’s Guitaer” è in prima battuta. Il suo intro è calmo e delicato, quasi con personalità “Aphextwiniana”. Pian piano che il disco comincia a maturare, la batteria lancia il pezzo e veniamo inghiottiti da suoni e vocal che si insediano immediatamente nella nostra mente. Poi avviene qualcosa di inaspettato, il brano cambia forma, un assolo di chitarra guida la pausa e sopraggiunge un’atmosfera del tutto tribale. Le voci si ripetono con insistenza e la fame musicale cresce a dismisura.

“Justine” è uno spirito libero. La parte iniziale è incentrata sul gioco “vocal-reverse”. In pochi battiti lo scenario muta facendoci ritrovare felicemente intrappolati in un pezzo dal buon vecchio stampo french touch, ricco di violentissime chitarre e synth. Riusciamo a captare anche delle evidenti venature in stile Justice/Soulwax.

Di “ACNAC” possediamo due distinte versioni. “ACNA (Rêve Du Sahara)” è un brano pop-psichedelico. “ACNAC (Tundra Repaint)” mantiene la stessa forma del precedente, ma lo spettro è decisamente incentrato sulle sonorità ambient.

“Sabrijna” continua ad avere nostalgia della buona vecchia scuola electro. I BPM si mantengano bassi, il ritmo ci cattura nell’immediato. Il groove è cupo e i synth electro rievocano il passato e disegnano nuove traiettorie per il futuro.

“Girls Of Summer” E’ tra le più promettenti dell’intero lavoro. La chitarra è colonna portante del disco, tanto seducente da lasciar il segno anche se venisse emulata acapella. La drum sembra essere nata tutta in un unico parto, non possiamo far altro che annuire con la testa diventando anima e corpo in questa favolosa melodia. Se sotto il nostro sguardo avessimo lo spartito, di certo sarebbe color oro.

“Iris Out Of Bed” potrebbe essere definita più come una danza tra bolle di sapone. E’ proprio la traccia dona allegria. Il suo background electro-pop è vagamente riconducibile alla musica dei The Postal Services.

Con “Sixamyth” si inizia ad esplorare il territorio più estroverso di Femmes. Ascoltandola non si può che rievocare il passato, tra caldo, estate e Festivalbar. Come avrete capito, il loro è un continuo elogio per i bei tempi ormai andati.

“Velvet Aaura” sfila tra i titoli di coda. Qui troviamo una delle tracce più curiose dell’album dei Discoforticut, la storia l’approfondiremo più giù…

I Discoforticut hanno rilasciato questa interessante intervista per noi!

Discoforticut, quali sono le vostre origini? Cosa si nasconde dietro un nome così articolato?

Francesco Moroni Spidalieri (Ut!): Quando ci è venuta l’idea di collaborare arrivavamo da tre situazioni diverse: Discoforgia era già un produttore di musica elettronica con in mano alcuni remix. Il terzo ragazzo “Ortiche” (con cui adesso non siamo più in collaborazione), è un regista di videoclip/documentari ecc. Io invece sono un musicista/chitarrista, provengo da un gruppo rock/alternativo. Autonomamente ho voluto creare questo progetto che si chiama Ut!. Uscivo dal chitarrismo e ho provato a mettere insieme “giocattoli” e strumenti “brutti”, che poi è una roba che è entrata anche in questo nostro progetto, da li si è composto il nome: “Discofor-tic-ut”.

Mi pare di capire che le unioni tra l’elettronica e diversi generi musicali sono qualcosa che vi riguarda molto da vicino. Come siete arrivati al vostro background musicale attuale?

Fili Tha (Discoforgia): Inizialmente (influenzati molto dal caldo di Torino) abbiamo provato a giocare a creare cose etniche avendo la sensazione di essere in un posto più tropicale di quello che era. Giochiamo su suoni etnici mischiando le cose elettroniche e siamo partiti proprio così. Il primo pezzo ad essere composto è stato proprio “ACNAC”, che ha questo concept di deserto. Torino ha proprio questo legame Torino – Berlino che, per quanto riguarda prevalentemente la Techno, impone una certa sensazione di freddo.

Le vostre influenze musicali? Da dove proviene il vostro gusto?

Discoforgia: In realtà sono del tutto svariate e differenti. Molte volte opposte e poi si rincontrano.

Ut!: Molto banalmente ho avuto “il periodo Nirvana” fortissimo. Poi mi sono avvicinato più al crossover (che è durato pochissimo, circa gli anni del liceo), fino ad accostarmi al post-rock. Ascoltavo “Mogwai”, o qualcosa più sperimentale come i “Mùm” (islandesi), quindi anche “Sigur Rós”. Per quanto riguarda l’elettronica mi è sempre piaciuto il mix, artisti come “The Notwist”, “Lali Puna”, “Apparat”, “Bonobo”, “Amon Tobin”. Li ho sempre trovati particolari, innovativi, con sonorità che mi prendevano proprio perché erano diverse, ambientali-atmosferiche.

Discoforgia: Le mie influenze musicali hanno due anime differenti. C’è quella più rockettara, con una derivazione del punk. Quindi gruppi come “The Clash”, “Ramones”. A livello di elettronica invece, “Orbital”, “The Orb”. C’è un gruppo a cui mi sono ispirato proprio in maniera diretta, “Deep Forest” che sono francesi ma utilizzano campioni tribali. Questo mi ha molto ispirato. Musicalmente restano i Orbital, The Orb e anche “The Future Sound of London”.

Quale pensiero/stato d’animo/sensazione volete trasmettere al pubblico ascoltatore? 

Ut!: A me sembra di aver fatto un lavoro molto eclettico capace di toccare davvero tante corde. Questa è l’impressione di quello che sembra venuto fuori, il fatto di non chiudersi in un genere veramente stretto, che richiama sempre le stesse sensazioni. E’ anche un po’ il nostro modo di fare. Non vogliamo comunicare una cosa sola, bensì tante piccole sensazioni. Il nostro disco è più un percorso dalla parte elettronica a quella più acustica.

Perché ascoltare Discoforticut?

Discoforgia: Sono utili da ascoltare in auto, da soli, di notte, è una colonna sonora. Di certo non è dancefloor.

Ut!: E’ un po’ malinconica… “Acnac” a suo modo è molto malinconica, per quanto sia desertica. Anche “Girls Of Summer” è sicuramente malinconica/nostalgica. Non è un disco iper sorridente, un po’ di presa a male ci sta!

Avendo un videomaker nel gruppo: come si approccia il mondo visual con la vostra musica? Siete registi delle vostre stesse canzoni?

Ut!: Ci sono dei pezzi che sicuramente partono da delle immagini (il deserto, il caldo…) ci sono quindi dei concept anche visivi: per esempio, il ragazzo che ha collaborato con noi “Ortiche”, ha chiamato il pezzo “Acnac” perché lui immaginava l’onomatopea di due pietre che si scontravano tra loro. Dal suono prodotto da queste pietre è venuto fuori Acnac! Sono queste le cose che ci danno ispirazione per procedere.

Solita domanda da un milione di dollari. Quanto conta l’immagine?

Ut!: Il fattore social è molto importante. Trovandoci al nostro primo lavoro, catturare l’attenzione è fondamentale. Sicuramente non siamo abituati a farci fotografare, a mostrarci in giro. Siamo un po’ schivi, non è una posa, poi quando ci sciogliamo (come ora ad esempio) poi diventiamo tranquilli. L’immagine è essenziale, far vedere che c’è dell’interesse e ricalcarlo.

Qual è il segreto di Femmes? Come è stato realizzato? Quanto tempo occorre per produrre qualcosa di buono?

Discoforgia & Ut!: Il riso! Ci siamo nutriti sempre col riso, è di derivazione orientale, a livello culinario ci ha influenzato. Musicalmente invece, ci sono un sacco di loop reali, molti campioni creati da noi, tante imperfezioni volontarie e non, che noi abbiamo valorizzato. Un pezzo veniva registrato tante volte finché non veniva bene, ma alla fine ci ha sempre catturato “il più particolare”, secondo me dona quella credibilità al pezzo, quella nota stonata… che crea interesse, e a noi questo piace!

Discoforgia: E’ sempre un disco suonato, ma forse l’ingrediente segreto è forse proprio il contrasto; ad esempio le “chitarre” di Ut! mantengono la loro purezza/originalità, anche se sono ovviamente effettate. Si crea quel tipo di contrasto, con le chitarre suonate e poi una linea di basso/synth di basso – dritti precisi. Ho preso dei suoni dalla “808, dalla “909”. Ad esempio in Acnac c’è la Roland 303 – insomma quel contrasto tra “il suonato” e il synth: questa è una delle cose che mi piace di più

Ut!: Appunto, il contrasto tra analogico – digitale. L’analogico con tutte le sue imperfezioni… Il digitale, con il suo essere: “quadrato”. Il nostro percorso è stato abbastanza lungo, perché non è nato con una finalità, è nato per una nostra esigenza sul momento. Poi è venuto fuori qualcosa che davvero ci piaceva e si è deciso di andare avanti. Questo disco è nato nel corso di due anni, ovviamente non perché non ci siamo impegnati.

Femmes è un misto tra infusioni musicali di diverso genere, come è composto il vostro setup musicale? E quello live? 

Discoforgia: Computer, tastiera midi, drum machine, electribe, basso.

Ut!: Microkorg, chitarra, ukulele. Addirittura mentre ero a registrare un “Mockumentary” con il mio team (il mockumentary è un documentario su una tematica finta), eravamo in un bed-and-breakfast in un paesino del Piemonte, e su una parete c’era uno strumento musicale come arredamento. Era praticamente un tubo con attaccato un guscio di tartaruga e delle corde. Ho registrato dei campioni con questo strumento che poi si sono trasformati in un loop per Thaquim’s Guitaer.

Cosa ne pensate della vecchia scuola electro? E’ qualcosa che ha toccato anche voi?

Discoforgia: guarda, come filone in generale no. Forse pochettino dal 2008, semmai c’è un gruppo legato a quel movimento li, che può avermi dato un influenza, proprio per il suo eclettismo e la sua capacità di contaminare/mushappare etc: “Soulwax e 2manydjs”. Però sinceramente la scena electro no.

Ut!: A me un pezzettino di concetto “Justice” in quel periodo mi era arrivato.

In un mondo costernato da talent show di varia natura, per nutrirci di talento a chi dobbiamo affidarci?

Discoforgia: Talent show no, sicuramente non per la musica elettronica.

Ut!: Nella possibilità che possediamo secondo me, l’unica strada sarebbe frequentare i locali che troviamo nelle vicinanze, concerti di cui magari non si sa niente, incuriosirsi su nomi completamente sconosciuti o appena formati. Farsi un’idea personale. Individualmente, seguire i progetti, anche se hanno poco seguito. Io seguo di tanti gruppi che non hanno molti fan su Facebook, che però mi piacciono. Proprio per l’amore della musica e non del sentito dire. Poi molte, volte le cose interessanti vengono fuori da se.

Discoforgia: Attaccare sui talent show è relativamente facile, è proprio sparare sulla croce rossa. Ma vedi, pure nella musica elettronica ci sono tante cose che potrebbero essere più o meno interessanti, però li ascoltano in pochi. Prendi ad esempio i VINAI, per me sono una commercialata… Ho visto proprio tramite Electro Italia, le produttrici “Gaia & Luna”, è proprio una roba, lasciamo perdere…. E loro fanno i numeri!

Ut!: L’unica soluzione è interessarsi alle piccole realtà. Io mi immedesimo in queste realtà; anche con il mio ex gruppo,era molto difficile suonare e farsi conoscere. Ho conosciuto molte band valide che poi non sono riuscite e scoppiare, ma sicuramente avrebbero avuto molto da dire.

La nona traccia di Femmes, “Sixamyth”, ha un qualcosa di molto familiare. Come dovremmo interpretarla?

Discoforgia: Tra l’altro sarebbe dovuta essere un “bridge” di Girls of Summer, avevo già notato una similitudine tra il giro di “Sei un mito” degli 883 e il synth “Boys” di Sabrina Salerno. Ci siamo serviti dell’aiuto di Rocco Panetta, gli ho detto: “facciamo questa cosa”, abbiamo unito la chitarre di Ut! con quella di Rocco ed è venuto fuori il pezzo. E’ un po’ un tributo. Secondo me Sixamyth, suonata in spiaggia, spacca!

Come vi vedete tra 5 anni? Che progetti avete? Con chi vi piacerebbe collaborare?

Ut!: A me piace realizzare anche colonne sonore, di associare la nostra musica la nostra musica a film… Come soundtrack, proprio immaginarla in base al film, più che accostarla successivamente. Trovare l’ispirazione guardando film, facendosi ispirare, un po’ alla Teho Teardo, un compositore che produce colonne sonore, il quale mi piace molto. Sicuramente questo è ciò che mi piacerebbe fare perché unirebbe un po’ le due passioni: il video e la musica.

Discoforgia: Il futuro è assolutamente imprevedibile. Suonare le nostre cose in varie declinazioni, un live set. Sicuramente dobbiamo muoverci abbastanza velocemente, perché poi le cose passano e l’attenzione diminuisce. Quindi fare date.

Ci svelereste qualche vostro segreto?

Fili Tha: Ad esempio la seconda traccia “Justine” è il nome di una ragazza, conosciuta realmente in Francia. Le abbiamo dedicato una canzone proprio perché è stata l’unica persona di sesso femminile a rivolgerci la parola per chiedere una sigaretta a Francesco. Unico essere femminile con cui abbiamo parlato in 9 giorni. Anche Sixamiyth è un gioco di parole che si va a ricondurre a “Sei un mito” appunto degli 883. Dietro c’è sempre una storia, un filo rosso conduttore.

La musica come ha cambiato le vostre vite?

Francesco Ut!: Io ho sempre studiato da piccolo, a me non l’ha cambiata, ci sono cresciuto. La sala prove è sempre stata una dei miei luoghi topici.

Fili Tha: Si è cambiata perché magari ha dato l’opportunità di fare qualche viaggetto, una data fuori, mi ha dato l’opportunità di conoscere persone. Fare delle cose, che se ad esempio: “fossi andato a giocare a tennis” – sarebbe stato impossibile. Per ora questo, in futuro speriamo molto di più.

“Girls Of Summer” è bellissima, è facilissimo lasciarsi trasportare da queste calde sonorità. Nel dettaglio cosa racconta? Chi sono tutte queste ragazze dell’estate? Per caso vostri amori passati?

Francesco Ut!: E’ nata diciamo come tributo a questa canzone anni 80 di Sabrina Salerno – Boys (Summertime Love) è un rework perché è stato preso qualche elemento: un remake. Abbiamo preso degli elementi e messi insieme in modo diverso.

Fili Tha: C’è proprio un pezzo di questa canzone anni ’80 cantato con vocoder, inserito nel pezzo proprio al fine di renderla riconoscibile.

Ut!: Il video è nato molto semplicemente: avevamo questo pezzo che ci piaceva, ci faceva pensare alla malinconia dell’estate vissuta in città, alla figura femminile che appunto è ricorrente in ogni nostro brano. E’ stato proprio girato fermando persone per strada, chiedendo se potevano fare qualcosa, è proprio questa serendipità che ci caratterizza.

Fili Tha: L’80% non le conoscevamo.

Francesco Ut!: E’ stato anche un modo per farci conoscere. E quindi ha anche questo sapore low-budget, lo-fi.

Fili Tha: E’ anche una presa in giro di tutti i luoghi comuni sull’estate: è proprio una presa in giro. Il titolo Girls of Summer invece è proprio un gioco di parole, prendendo Boys di Sabrina Salerno, unito a Boys of Summer di Don Henley. Poi ci siamo detti: noi siamo ragazzi, quindi facciamo Girls of Summer.

Avete altre passioni nascoste?

Fili Tha: (alzando la mano) Mi piacerebbe scrivere, potrei scrivere delle cose interessanti, lo dico e non lo faccio…

Francesco Ut!: Le mie più grandi passioni sono il cinema, la musica, il documentario e suonare.

Un vostro sogno nel cassetto?

Fili Tha: Vorrei che ci fosse ancora il Festivalbar, vorrei tanto poter andare al Festivalbar.

Ut!: Idem io, anch’io ho questi ricordi del Festivalbar.

Fili Tha: Il sogno è suonare, far sentire che dal vivo è meglio che ascoltato su iTunes e qualsiasi altra piattaforma digitale. Non sarà facile, ma mi piacerebbe avere quest’opportunità e sfruttarla al meglio.

Nell’ultima track di Femes “Velvet Aarua” si intuisce una leggera vena sarcastica/provocante. Ho forse mirato troppo lontano?

Discoforgia: Qui c’è un vero proprio aneddoto, perché quel che si sente è proprio un messaggio ricevuto su whatsapp, inviatomi da una ragazza. Il suo è semplicemente un racconto così… Mi ha colpito il fatto che lei ha questo modo di parlare, come se si trovasse difronte a un interlocutore. Il pezzo è stato realizzato di notte e abbiamo chiesto a questa ragazza se potevamo utilizzarlo per la nostra canzone. Ciò che ci piaceva di più era utilizzare il termine “underground”, un termine così desueto. L’origine del titolo te lo spiega lui (indicando Ut!).

Francesco Ut!: La parte strumentale del pezzo inizialmente era completamente acustica perché questa fa parte della colonna sonora del mockumentary che ho girato in Brasile, era la track di chiusura.
L’avevo chiamata “A Rua” che in brasiliano significa la strada. Poi, siccome ci siamo dati un po’ a questa lingua per inventare i titoli delle canzoni, lui l’ha trasformata in Velvet Aaura dando vagamente l’idea di nome femminile. E’ sempre un gioco di parole tra Velvet e Underground, appunto.

Discoforgia: La stada vellutata, così la immagino nella mia mente.
Ut!: Ha un po’ il sapore di samba brasiliana.

Altra domanda insormontabile da chiusura. Un artista o un album (a testa) che vi ha segnato in maniera indelebile.

Fili Tha: My Chemical Brothers – Exit Planet Dust
Ut!: Nirvana – Bleach

TRACKLIST

Thaquim’s Guitaer
.Justine
ACNAC (Rêve Du Sahara)
Sabrijna
Girls Of Summer
ACNAC (Tundra Repaint)(Tundra Repaint)
Iris In The Bed (Acoustic Live @ Les Houches)
Iris Out Of Bed
Sixamyth
Velvet Aarua

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